LO SMEMORATO DI COLOGNO
una sorta di testamento, non avevi ancora l’Alzheimer,
avendomi chiesto di andartele a recuperare
non appena non fossi stato in grado di intendere e di volare.
Cosa
c’era dei tuoi vent’anni chini su un tavolo di dottorato,
nella
ricerca ansiogena di un contratto a tempo indeterminato,
le
speranze, i sorrisi, i sacrifici di un’anima calzata da una tuta Adidas,
conscio
di combattere battaglie perse come la decima Flottiglia MAS.
Cosa c’era dei tuoi trent’anni spersi nei corridoi di un magazzino,
a cercare i tuoi alter-ego affaccendati in un sadico nascondino,
i
bonus in busta, la carriera, col desiderio di non finir sul lastrico
intento
a non farti guidar dal mondo come un autistico.
Cosa
c’era dei tuoi anni di scontri, con tuttologi e lillipuziani,
nell’anfiteatro
Flavio dei webeti dalle bocche simili a vespasiani,
dove
a non cadere, in rete, non basta essere un retiarius
famoso
da finir sui muri della Domus Tiberiana come fu Ianuarius.
Per
capir chi non sei, ormai, devi noscere te ipsum su un supporto digitale
flessificando
omoteticamente la tua forma con la iattura d’un frattale,
ora
non basta, come nei Grimm, consultar lo specchio delle tue brame:
Berlusca, non sei riuscito a camminare
sulle acque, non eri mica un falegname.
COLOGNO'S AMNESIAC
I visualised the boxes hidden in your USB drive,
a sort of will, you didn't have Alzheimer's yet,
having asked me to go and get them for you
before I wasn’t able to hear and fly.
What was there of your twenties bent over a doctoral
table,
anxiously looking for a permanent contract,
the hopes, smiles and sacrifices of a soul in Adidas
blue,
aware of fighting lost battles like the tenth MAS
Flotilla.
What there was of your thirty yearslost in the
corridors of a warehouse,
looking for alter-egos busy in sadistic
hide-and-seek,
the enveloped bonuses, the career, with the desire
not to end up broke
absorbed in not being led into the world like an
autistic.
What there was of your years of collisions, between
know-it-alls and lilliputians,
in the Flavio amphitheatre of web-hoppers with
mouths like urinals,
where, to stay on the network, it's not enough to be
a famous retiarius
ending up on the walls of Domus Tiberiana
like Ianuarius.
To find out who you are not, you have to noscere te
ipsum on a digital medium
homothetically adjusting your shape with the
misfortune of a fractal,
it's not enough, as in Grimm, to consult the mirror
of your desires:
Berlusca couldn't walk on water, you
weren't a carpenter at all.
ACUFENE
La
vocazione è una crociata trans-inurbana
e,
tu, ‘ndo vai, se non c’hai manco la banana,
il
segreto del successo è un digrigno di mascelle,
a
forza di tirar Polvere di stelle.
Non
riesci a sentir le voci dal mondo
in
un campo disturbato da rumori di sfondo,
finendo,
come un kulak, tra falce ed incudine
virtuale
come Macondo in Cent’anni di solitudine.
Cammini,
transumante, sentendoti inadeguato
dirimendo
inferni come un diavolo bisolfurato,
sui
carboni ardenti dell’attuale sociodramma
conscio
di esser la falena, e non la fiamma.
Forse,
alla fine, ti troverà un valore, Dio, un’idea,
Cervantes
nella selva tra Chisciotte e Dulcinea,
strappandoti
da un’esistenza taciturna
in modo
da sentir gioia nell’urna.
ACOUPHÈNE
The
vocation is a trans-inurban Crusade
and,
you, where you're going, if you don't even have a banana,
the
secret of success is to grit your teeth
by
pulling Stardust.
You
can't hear the voices of the world
in a
field disturbed by background noise,
ending
up, like a kulak, between sickle and anvil
virtual
like Macondo in One Hundred Years of Solitude.
Journeying,
transhumant, feeling inadequate,
scouring
the underworld like a bisulphurous devil,
on the
burning coals of the current sociodrama
conscious
of being a moth and not a flame.
Maybe
in the end you'll come up with a value, God, an idea,
Cervantes
in the forest between Chisciotte and Dulcinea,
to tear
you from an existence taciturn
so that you can feel joy in the urn.
BALLATA
DEGLI INESISTENTI
Potrei
tentare di narrarvi
al
suono della mia tastiera
come
Baasima morì di lebbra
senza
mai raggiunger la frontiera,
o
come l’armeno Méroujan
sotto
uno sventolio di mezzelune
sentì
svanire l’aria dai suoi occhi
buttati
via in una fossa comune;
Charlee,
che travasata a Brisbane
in
cerca di un mondo migliore,
concluse
il viaggio
dentro
le fauci di un alligatore,
o
Aurélio, chiamato Bruna
che
dopo otto mesi d’ospedale
morì
di aidiesse contratto
a
battere su una tangenziale.
Nessuno
si ricorderà di Yehoudith,
delle
sue labbra rosse carminio,
finite
a bere veleni tossici
in un
campo di sterminio,
o di
Eerikki, dalla barba rossa, che,
sconfitto
dalla smania di navigare,
dorme,
raschiato dalle orche,
sui
fondi d’un qualche mare;
la
testa di Sandrine, duchessa
di
Borgogna, udì rumor di festa
cadendo
dalla lama d’una ghigliottina
in
una cesta,
e
Daisuke, moderno samurai,
del
motore d’un aereo contava i giri
trasumanando
un gesto da kamikaze
in
harakiri.
Potrei
starvi a raccontare
nell’afa
d’una notte d’estate
come
Iris ed Anthia, bimbe spartane
dacché
deformi furono abbandonate,
o
come Deendayal schiattò di stenti
imputabile
dell’unico reato
di
vivere una vita da intoccabile
senza
mai essersi ribellato;
Ituha,
ragazza indiana,
che,
minacciata da un coltello,
finì
a danzare con Manitou
nelle
anticamere di un bordello,
e
Luther, nato nel Lancashire,
che,
liberato dal mestiere d’accattone,
fu
messo a morire da sua maestà britannica
nelle
miniere di carbone.
Chi
si ricorderà di Itzayana,
e
della sua famiglia massacrata
in un
villaggio ai margini del Messico
dall’esercito
di Carranza in ritirata,
e chi
di Idris, africano ribelle,
tramortito
dallo shock e dalle ustioni
mentre,
indomito al dominio coloniale,
cercava
di rubare un camion di munizioni;
Shahdi,
volò alta nel cielo
sulle
aste della verde rivoluzione,
atterrando
a Teheran, le ali dilaniate
da un
colpo di cannone,
e
Tikhomir, muratore ceceno,
che
rovinò tra i volti indifferenti
a
terra dal tetto del Mausoleo
di
Lenin, senza commenti.
Questi
miei oggetti di racconto
fratti
a frammenti di inesistenza
trasmettano
suoni distanti
di resistenza.
BALLAD OF THE NON-EXISTENT
I could try to tell you
with the sound of my keyboard
how Baasima died of leprosy
without ever reaching the border,
or how the Armenian Meroujan
under a flutter of half-moons
felt the air in his eyes vanish
thrown into a mass grave;
Charlee, who moved to Brisbane
in search of a better world,
ends the journey
in the mouth of an alligator,
or Aurelio, named Bruna
who, after eight months in hospital
died of AIDS contracted
to hit a ring road.
Nobody will remember Yehoudith,
her lips carmine red,
erased by drinking toxic poisons
in an extermination camp,
or Eerikki, with his red beard,
defeated by the turbulence of the waves,
who sleeps, scoured by orcas,
on the bottom of some sea;
the head of Sandrine, Duchess
of Burgundy heard the rumour of the feast
as it fell from the blade of a guillotine
into a basket
and Daisuke, modern samurai,
counted the revolutions of a plane's engine
transhumanizing a kamikaze gesture into harakiri.
I could go on and on
in the stifling heat of a summer night
how Iris and Anthia, deformed Spartan children
were abandoned,
or how Deendayal died of deprivation
attributable to the single crime
of living the life of an outcast
without ever having rebelled;
Ituha, an Indian girl,
threatened with a knife,
who ends up dancing with Manitou
in the anteroom of a brothel
and Luther, born in Lancashire
freed from the profession of beggar
and forced to die by His Britannic Majesty
in the coal mines.
Who will remember Itzayana
and her family massacred
in a village on the outskirts of Mexico
by Carranza's retreating army,
and what of Idris, the African rebel,
stunned by shocks and burns
while untamed by colonial domination,
he tried to steal an ammunition truck;
Shahdi flew high into the sky
above the flagpoles of the Green Revolution,
landing in Tehran with his wings torn apart
by a cannon shot,
and Tikhomir, a Chechen bricklayer,
that fell among the indifferent faces
to the ground from the roof of Lenin's Mausoleum,
without comment.
From objects of narrative
fractured into fragments of non-existence
transmits distant sounds
of resistance.
LA
BALLATA DI PEGGY E PEDRO
La
ballata di Peggy e Pedro è latrata dai punkabbestia
di
Ponte Garibaldi, con un misto d’odio e disperazione,
insegnandoci,
intimi nessi tra geometria ed amore,
ad
amare come fossimo matematici circondati da cani randagi.
Peggy
eri ubriaca, stato d’animo normale,
nelle
baraccopoli lungo l’alveo del Tevere,
e
l’alcool, nelle sere d’Agosto, non riscalda,
obnubilando
ogni senso in sogni annichilenti,
trasformando
ogni frase biascicata in fucilate nella schiena
contro
corazze disciolte dalla calura estiva.
Sdraiata
sui bordi del muraglione del ponte,
tra i
drop out della Roma città aperta,
apristi
il tuo cuore all’insulto gratuito di Pedro,
tuo
amante, e, basculandoti, cadesti nel vuoto,
disegnando
traiettorie gravitazionali dal cielo al cemento.
Pedro,
non eri ubriaco, ad un giorno di distanza,
non
eri ubriaco, stato d’animo anormale,
nelle
baraccopoli lungo l’alveo del Tevere,
o
nelle serate vuote della movida milanese,
essendo
intento a spiegare a cani e barboni
una
curiosa lezione di geometria non euclidea.
Salito
sui bordi del muraglione del ponte,
nell’indifferenza
abulica dei tuoi scolari distratti,
saltasti,
in cerca della stessa traiettoria d’amore,
dello
stesso tragitto fatale alla tua Peggy,
atterrando,
sul cemento, nello stesso istante.
I punkabbestia
di Ponte Garibaldi, sgomberati dall’autorità locale,
diffonderanno
in ogni baraccopoli del mondo la lezione surreale
imperniata
sulla sbalorditiva idea
che
l’amore sia un affare di geometria non euclidea.
THE BALLAD OF PEGGY AND PEDRO
The ballad of Peggy and Pedro barked out by the
punkbestials
of the Garibaldi Bridge, with a mixture of hatred
and despair,
teaches us the intimate relationship between
geometry and love,
to love as if we were maths surrounded by stray
dogs.
Peggy you were drunk, normal mood,
in the slums along the bed of the Tiber
and alcohol, on August evenings, doesn't warm you
up,
clouding every sense in annihilating dreams,
transforming every chewed-up sentence into a
gunfight in the back
on armour dissolved by the summer heat.
Lying on the edges of the bridge's ledges,
among the drop-outs of the Rome open city,
you opened your heart to the gratuitous insult of
Pedro,
your lover, and toppled over, falling into the void,
drawing gravitational trajectories from the sky to
the cement.
Pedro wasn't drunk, a day's journey away,
you weren't drunk, abnormal state of mind,
in the slums along the bed of the Tiber,
or in the empty parties of Milan's movida,
with the intention of explaining to dogs and tramps
a curious lesson of non-Euclidean geometry.
Mounted on the edge of the bridge,
in the apathetic indifference of your distracted
pupils,
you jumped, in the same trajectory of love,
along the same fatal path as your Peggy,
landing on the cement at the same instant.
The punkbestials of the Garibaldi Bridge, cleared by
the local authority,
will spread a surreal lesson to every slum in the
world
centred on the astonishing idea
that love is a matter of non-Euclidean geometry.
NON RIESCO AD INTEGRARMI
Non riesco a integrarmi, ho un disturbo borderline
distribuisco gomitate tipo Greg “The Hammer”
Valentine,
nemmeno se mi impegno riuscirò a aspirare al Nobel
deutoplasma irriducibile tra vacche nere d’Hegel.
Non riesco a integrarmi, ho un delirio schizofrenico
rifuggo dalle masse e intingo biro nell’arsenico,
canto, fuori dal coro, come un mitomane a X Factor
disinnescando bombe, spaccio col metal-detector.
Non riesco a integrarmi, ho attitudini da killer,
deambulo tra zombie, stile King of Pop in Thriller,
volando a bassa quota quoto quote di quozienti,
costretto a impacchettare sottotitoli per
non-utenti.
Non riesco a integrarmi, ho ogni sorta di fobia
in coda appetisco il verde, come un virtuoso in
dendrofilia,
mettendo a fuoco il mondo e sfuocati i tempi con lo
zoom,
mi arrendo alla desuetudine della consecutio
temporum.
I
DON'T FIT IN
I don't
fit in, I have a borderline personality disorder
I give
out elbows like Greg ‘The Hammer’ Valentine,
if I
don't apply myself I'll never be able to aspire to the Nobel Prize
irreducible
deutoplasma among Hegel's black cows.
I don't
fit in, i have a schizophrenic delusion
i hate
the people and dip my pen in arsenic,
i sing,
outside the choir, like an X Factor mythomaniac
defusing
bombs and dealing with a metal detector.
I don't
fit in, i've got a killer's disposition,
i
wander between the zombies, style King of Pop in Thriller,
flying
at low altitude I quote quotes of quotients,
forced
to pack subtitles for non-users.
I don't
fit in, i have all sorts of phobias,
in the
queue i crave the green, like a virtuous dendrophile,
setting
the world on fire, blurring time with the zoom,
i
surrender myself to the obsolescence of consecutio temporum.
LA BALLATA
DI VILLON
La morte ha i tuoi occhi colorati d’estate
balla con l’impiccato e indossa teste decapitate,
racconta ai suicidi le sue storie d’inverno,
che la lacrima di un suicida riesca a spegnere
l’inferno.
La morte raccoglie fiori dalle ossa consumate
dalla fuga dei cervelli e dalle orbite bucate,
pianta fiori di ninfea nello stomaco dell’annegato,
è mignotta, fragile, d’addio al celibato.
La morte si sposa col cadavere dell’ustionato
rimane unica forza fuori dalla logica di mercato,
abbraccia l’iper-capitalista, l’anarchico,
l’indifferente,
senza mai accorgersi di non servire a niente.
Strilliamo la vita e aboliamo la morte
tentarono in tanti, col sostegno dell’arte,
distratti da ricchi omaggi e cotillón,
aboliamo la morte e cantiamo Villon.
THE BALLAD OF VILLON
Death
has your coloured summer eyes
she
dances with the hanged man, endorses decapitated heads,
it
tells suicide its winter stories,
that a
suicide's tear can extinguish hell.
Death
picks flowers from worn bones
on
leaking brains and holey eye sockets,
weeps
water lily flowers in the stomach of the drowned,
she,
slut, fragile, farewell to celibacy.
Death
marries the burnt corpse,
remains
the only force outside the logic of the market,
embraces
the hyper-capitalist, the anarchist, the indifferent,
without
ever realising that it serves no purpose.
We cry
out for life, we abolish death,
they
tried it in numbers with the support of art,
distracted
by rich tributes and cotillions,
we
abolish death and sing Villon.
TUTTI DIETRO AL TELEVISORE
La
televisione dell’orrore, la televisione dell’errore,
ricorda
i negozi vendo horror sponsorizzati dal televisore,
lo
share aumenta se un freelance dai neuroni anchilosati
intervista,
di notte, nelle loro macchine, decine di terremotati,
che se
io fossi l’intervistato, zio buono, chiamerei un carabiniere,
o
almeno lancerei il freelance a calci nel sedere.
La
televisione delle lacrime, la televisione dell’assuefazione,
usa il
marchio della marca come linea di demarcazione
tra
frammenti di film, tra spezzoni di trasmissioni,
i
romani de Roma basavano sullo sponsor la solidità delle obbligazioni,
noi
attribuiamo allo sponsor la forza di far decidere a esseri inumani
se dare
maggior valore a un tifone o a una strage di bambini afghani.
La
televisione della morte, la televisione del dolore,
lo
studio non è da frequentare da chi è debole di cuore,
ogni
notizia del telegiornale è un atto terrorista
in
grado di trasformare Jeffrey Dahmer in Hare Krishna,
l’inchino
all’Isola del Giglio è stato uno scoop eccezionale,
l’unico
difetto degli improvvisati attori fu di non saper nuotare.
Stasera
tutti dietro alle televisioni spente:
a
mettersi davanti, infatti, non si ricava un accidente.
ALL BEHIND THE TELEVISION
Horror
television, error television
remember
the shops selling horror sponsored by the television,
the
audience goes up if a freelancer with ankylosed neurons
interviews
dozens of disaster victims in their cars at night,
and if i
were the interviewee, by God, I'd call in a policeman,
or at
the very least, I'd kick the freelancer's ass again.
Television
of tears, television of addiction,
uses
the brand label as a dividing line
between
fragments of film, between scraps of programme,
the
Romans in Rome based the strength of their obligation on the sponsor,
we
attribute to the sponsor the power to make inhumane people decide
to give
more value to a typhoon or a massacre of Afghan children.
The
television of death, the television of pain,
the
studio to be avoided by the faint of heart,
every
news story on TV is a terrorist act,
capable
of turning Jeffrey Dahmer into Hare Krishna,
the
salute to the island of Giglio was an exceptional scoop,
the
only fault of the improvised actors was that they couldn't swim.
Tonight,
everyone behind the switched-off televisions:
in
fact, by putting yourself in front, you won't get anything.
EPIMILLIGRAMMA
Non ti
devi incazzare se, a volte, ti nomino,
sai,
t’ho reso immortale come un «ritratto d’anonimo».
Incide meglio
il mio inchiostro che una ciotola di cicuta:
senza
che nessuno lo sappia la tua fama si è evoluta.
EPIMILLIGRAMME
You don't have to put yourself in color if you look
at your name,
you know, I'll make you immortal in “portrait
d'anonyme”.
My ink cuts better than a bowl of hemlock:
without anyone knowing your fame has evolved.
Ivan Pozzoni was born in Monza in 1976. He introduced Law and Literature in Italy and the publication of essays on Italian philosophers and on the ethics and juridical theory of the ancient world; He collaborated with several Italian and international magazines. Between 2007 and 2018, different versions of the books were published: Underground and Riserva Indiana, with A&B Editrice, Versi Introversi, Mostri, Galata morente, Carmina non dant damen, Scarti di magazzino, Here the Austrians are more severe than the Bourbons, Cherchez the troika. et The Invective Disease with Limina Mentis,Lame da rasoi, with Joker, Il Guastatore, with Cleup, Patroclo non deve morire, with deComporre Edizioni. He was the founder and director of the literary magazine Il Guastatore – «neon»-avant-garde notebooks; he was the founder and director of the literary magazine L'Arrivista; he is the editor and chef of the international philosophical magazine Información Filosófica; he is, or has been, creator of the series Esprit (Limina Mentis), Nidaba (Gilgamesh Edizioni) and Fuzzy (deComporre). It contains a fortnight of autogérées socialistes edition houses. He wrote 150 volumes, wrote 1000 essays, founded an avant-garde movement (NéoN-avant-gardisme, approved by Zygmunt Bauman), with a millier of movements, and wrote an Anti-manifesto NéoN-Avant-gardiste. This is mentioned in the main university manuals of literature history, philosophical history and in the main volumes of literary criticism. His book La malattia invettiva wins Raduga, mention of the critique of Montano et Strega. He is included in the Atlas of contemporary Italian poets of the University of Bologne and figures à plusieurs reprized in the great international literature review of Gradiva. His verses are translated into French, English and Spanish. In 2024, after six years of total retrait of academic studies, he return to the Italian artistic world and melts the NSEAE Kolektivne (New socio/ethno/aesthetic anthropology).